Napolini, in che modo un regista entra nel dibattito sulla ferrovia Terni–Roma?
Perché chi fa cultura osserva il territorio, ne racconta le contraddizioni, ne conosce la memoria. La stazione di Terni è molto più di un’infrastruttura: è un simbolo storico, l’anima logistica che ha fatto crescere le acciaierie, l’industria chimica e i quartieri di questa città. Oggi sembra dimenticata – e non solo fisicamente.
Qual è l’errore più grave commesso dalla politica locale?
Dimenticare il passato. Nessuno in questo dibattito ha parlato del ruolo centrale che la stazione ha avuto nello sviluppo urbanistico e industriale di Terni. Senza consapevolezza storica, non si costruisce nulla. E quando si perde la visione politica, restano solo scelte tecniche, spesso cieche.
Un esempio concreto di questo scollamento tra infrastruttura e cittadinanza?
Un video che realizzai anni fa: una persona disabile con una telecamera indossata mostrava cosa significa attraversare la stazione di Terni. Un percorso a ostacoli, come se si camminasse in una città invisibile. Il trasporto pubblico non è solo un servizio: è un diritto di accesso. Quando questo viene negato, non è un problema tecnico, ma civile.
Come valuta l’attuale approccio della classe dirigente al tema dei trasporti?
La stazione è abbandonata nei servizi e nella visione. La politica locale si è fatta trovare impreparata, e si ricorda dei pendolari solo in campagna elettorale. Non servono “paponi” alla Fanfani, ma amministratori competenti e presenti, capaci di agire prima del danno, non dopo.
Cosa si dovrebbe fare per rimettere i cittadini al centro?
Tornare a fare squadra, al di là degli schieramenti. Che si sia di destra, sinistra o centro, il treno delle 6 del mattino è lo stesso per tutti. È ora di recuperare il senso di comunità e di progetto. La stazione deve tornare a essere un nodo vitale, non un capolinea dimenticato.
Un messaggio conclusivo?
Conoscere per agire. La linea è lenta, sì – ma il vero rallentamento è quello della politica, che ha smesso di pensare al futuro. Solo riscoprendo la nostra storia e restituendo dignità alle infrastrutture, Terni potrà tornare al centro della mappa, non ai suoi margini.