Talamonti, perché parla di una questione educativa legata alla mobilità?
Perché non possiamo affrontare i problemi della mobilità senza considerare un dato allarmante: l’80% delle persone non comprende appieno ciò che legge o ascolta. Questo fenomeno, chiamato analfabetismo di ritorno, non è solo una difficoltà individuale: limita la capacità di orientarsi, riduce la consapevolezza civica e indebolisce l’efficacia delle politiche pubbliche. Se vogliamo trovare soluzioni reali, la priorità deve essere l’educazione alla cittadinanza attiva. Servono interventi strutturati sui territori, percorsi culturali diffusi, iniziative che aiutino le persone a capire le regole, i diritti, le opportunità. Solo così la mobilità potrà diventare una scelta consapevole e condivisa, e non una questione subita.
Qual è il nodo da affrontare?
Il nodo è duplice: agire subito e programmare il futuro. Per riuscirci, serve fare rete. Non possiamo continuare a ragionare solo su Terni: dobbiamo pensare come sistema Umbria. Ogni giorno 2.000 persone partono da Terni per Roma, ma in realtà sono 4.000 gli umbri che percorrono quella tratta. È quindi una questione regionale che richiede soluzioni coordinate, anche con Lazio e Toscana. Bisogna prevedere collegamenti rapidi con l’Alta Velocità per chi prosegue verso altre città, facilitando l’accesso ai treni AV, ad esempio ad Orte. L’obiettivo di fondo è chiaro: migliorare i collegamenti Terni–Roma per chi lavora, studia o viaggia per turismo, rendendo i treni più veloci, più comodi e più economici.
Quali preoccupazioni per il futuro?
Entro fine anno entrerà in vigore la delibera n. 178/2024 dell’Autorità di Regolazione dei Trasporti. Cosa prevede? Dal 1° gennaio 2026 i treni che viaggiano a meno di 200 km/h non potranno più circolare sulle linee ad Alta Velocità. Oggi i nostri convogli arrivano al massimo a 160 km/h. La Regione ha già ordinato nove nuovi treni, capaci di raggiungere i 200 km/h; 3 entreranno in servizio entro dicembre 2025, gli altri 6 nel corso del 2026. Il problema? Dal 1° gennaio 2026 scatterà il divieto, ma non avremo ancora tutti i nuovi treni operativi. Risultato: per mesi, forse per un anno intero, l’Umbria rischia di essere tagliata fuori dalla rete AV sulla linea Roma-Firenze-Ancona. E non è tutto: oggi i treni Alta Velocità viaggiano a 300 km/h. Se in futuro l’accesso alla direttissima verrà riservato solo ai convogli più veloci, anche i nuovi treni da 200 km/h potrebbero non bastare. Ancora una volta rischiamo di restare indietro. Dunque, non possiamo limitarci a interventi tampone. Occorre una strategia chiara e lungimirante, che preveda: richiedere subito all’Autorità di Regolazione dei Trasporti (ART) la sospensione o il rinvio della delibera, per consentire l’arrivo dei nuovi treni e l’adeguamento tecnologico. Infine, serve pianificare fin da ora investimenti strutturali per garantire all’Umbria un ruolo stabile nei collegamenti veloci nazionali. Non è solo una questione tecnica: è una sfida per la mobilità, il lavoro e lo sviluppo del nostro territorio.
Quindi bisogna pensare al futuro ma partire dal presente?
Il problema è adesso, non domani. I pendolari oggi soffrono lentezza e inefficienza: non possiamo aspettare che un futuro incerto risolva disagi quotidiani. Servono soluzioni immediate: treni con meno fermate, tratti più veloci, ammodernamento della linea lenta. Con i lavori dell’11 agosto sulla linea Est di Roma Termini, i treni Terni-Roma fermeranno a Tiburtina: lì saranno indispensabili navette rapide e biglietto unico treno + bus + metro, senza complicazioni. Serve anche la possibilità di usare qualsiasi treno con l’abbonamento. Due ipotesi concrete per il medio termine: Adattare Orte come hub AV, collegato stabilmente alla rete Alta Velocità. Introdurre due treni “fast” dedicati (mattina e sera) con accesso alla linea AV. Sono soluzioni che richiedono accordi con RFI e Trenitalia, ma darebbero subito un segnale forte per pendolari, studenti e turisti.
Lei sottolinea anche la necessità di connettere i temi…
Perché la mobilità non è un problema isolato: è un nodo che si intreccia con molte altre criticità della vita quotidiana. Lo stesso approccio serve per le decisioni su università, ambiente, gestione delle risorse idriche: ogni scelta deve essere inclusiva e partecipata.
Pensiamo a tre esempi concreti: l’università che rischia di svuotarsi, con i giovani costretti a cercare opportunità altrove; il 45% dell’acqua dispersa nella rete ternana: uno spreco insostenibile. E le strade senza marciapiedi, come a Borgo Rivo, che rendono pericoloso camminare o andare in bici. Sono questioni diverse, ma unite da un filo comune: il modello di città che vogliamo costruire. Per questo serve informare, accrescere la consapevolezza e coinvolgere davvero la cittadinanza, usando tutti gli strumenti: social, canali tradizionali e momenti di confronto diretto come questo convegno.
A Terni la sfida è chiara: la mentalità green non è ancora radicata. Non basta aggiungere qualche pista ciclabile: bisogna ripensare la viabilità, progettando strade che mettano al centro le persone, non le automobili. Gli obiettivi sono: avere un trasporto pubblico che sia vera alternativa all’auto privata, avere degli spazi sicuri per chi vuole camminare o pedalare.
Solo così la mobilità diventerà parte di una città più sostenibile, moderna e vivibile.
La Sua è anche una denuncia sul piano sociale. In che senso?
Perché i disagi non colpiscono tutti allo stesso modo. Chi ha maggiori possibilità economiche trova soluzioni: prende l’auto, affronta i costi o si trasferisce altrove. Gli altri restano bloccati, prigionieri di un sistema che non funziona. Ecco perché la mobilità è, prima di tutto, una questione di giustizia sociale.
Il pendolare non viaggia per piacere, ma per lavorare. Ogni minuto in più passato sui mezzi significa meno tempo per la famiglia, più stress e meno qualità della vita. È un problema umano, prima ancora che economico.
E per gli studenti? Ritardi, lezioni perse, meno opportunità di formazione e crescita. Un collegamento inefficiente non è solo un disagio individuale: penalizza l’immagine del territorio e la sua capacità di attrarre giovani, imprese e investimenti.
Quali nodi rimangono ancora da sciogliere?
Il primo nodo è la qualità del servizio: bagni sporchi o fuori uso, aria condizionata che spesso non funziona, ritardi cronici. Non sono dettagli: sommati trasformano il viaggio in un sacrificio quotidiano. Il secondo è la sostenibilità: più disservizi significano più auto, più traffico, più inquinamento. Come possiamo parlare di transizione ecologica se costringiamo i cittadini a scegliere la soluzione meno sostenibile?
Cosa propone in conclusione?
Una politica dei trasporti centrata sulla persona, non sul profitto: tempi ridotti, costi contenuti, qualità garantita. E soprattutto partecipazione democratica: chi decide dove investire? Serve un tavolo con pendolari, sindacati e istituzioni.
Terni non è un’isola: dobbiamo fare rete, perché la mobilità è un diritto collettivo, non un privilegio. Il trasporto pubblico non è solo un servizio: è ciò che consente di lavorare, studiare, curarsi, vivere la città. Non basta parlare di binari: serve una rete integrata, dove treno, autobus e metro dialogano, con costi equi e servizi efficienti.
Perché in gioco non è solo un orario ferroviario: è il futuro di un’intera regione. Grazie all’Associazione PalaSi per aver riaperto questo spazio di confronto e per aver acceso i riflettori su temi che devono scuotere l’opinione pubblica.