Ancora scontri ed un episodio di violenza al carcere di Sabbione a Terni. A denunciarlo è il Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria (SAPPE). Intorno alle 3:30 del mattino, due detenuti di origine nordafricana, confinati nella sezione di media sicurezza L, si sono sfidati in un feroce scontro, culminato in una rissa. Uno dei reclusi ha subito lesioni gravi, colpito ripetutamente con una gamba del tavolo all’interno della loro cella.
Il segretario regionale umbro Fabrizio Bonino aggiunge: “Solamente l’immediato intervento dei pochi poliziotti che erano in servizio e di alcuni che stavano dormendo in Caserma e sono stati richiamati in servizio sono riusciti a salvare il detenuto che, privo di sensi, era inerme a terra. All’ingresso in cella, gli Agenti sono stati aggrediti con violenza dal detenuto aggressore, riportando ferite poi refertate presso la locale infermeria. I poliziotti penitenziari sono stati eroici perché, con grande professionalità, sono riusciti ad evitare il peggio in quanto il detenuto violento stava tentando di incendiare la cella e gettare olio bollente contro i colleghi intervenuti”.
Bonino, esprimendo solidarietà al personale del Reparto di Polizia del carcere di Terni e ai due feriti, ha ribadito: “Il SAPPE denuncia ormai da tempo la situazione insostenibile delle carceri umbre, ma chi dovrebbe intervenire e tutelare continua a tacere ed a restare inerme. Mai udito un silenzio così assordante da parte di questa Amministrazione Penitenziaria!”
“Donato Capece, segretario generale del SAPPE, ha sottolineato: “La grave vicenda porta alla luce, ancora una volta, le priorità della sicurezza (spesso trascurate) con cui quotidianamente hanno a che fare le donne e gli uomini della Polizia Penitenziaria, specie rispetto a soggetti con evidenti problemi psichiatrici”. Capece ha inoltre dichiarato: “Il Personale di Polizia Penitenziaria del Sabbione ha risolto in maniera professionale ed impeccabile un grave evento critico” e ha giudicato la condotta del detenuto “irresponsabile e gravissima”.
Capece ha richiamato l’attenzione sul recente impegno assunto dal Ministro della Giustizia Carlo Nordio e il suo omologo albanese Ulsi Manja di firmare un accordo rivoluzionario che consentirà il trasferimento, presso gli istituti di pena del Paese d’origine, dei detenuti albanesi oggi ristretti nelle carceri italiane. Ha commentato il fallimento delle espulsioni di detenuti stranieri, dichiarando: “Da tempo il SAPPE denuncia la correlazione tra aumento degli eventi critici nelle carceri e presenza di detenuti stranieri. E’ sintomatico che negli ultimi vent’anni ci sia stata un’impennata dei detenuti stranieri nelle carceri italiane, che da una percentuale media del 15% negli anni ’90 sono passati oggi ad essere quasi 19.000 rispetto alle circa 60mila presenze”. Auspica che accordi simili vengano assunti con i Paesi che hanno un alto numero di loro connazionali tra i detenuti in Italia, ovvero Marocco, Romania, Nigeria e Tunisia.
Il richiamo al provveditore
Alla luce dei costanti episodi di violenza, il Sappe insieme alle altre sigle sindacali Flp Cgil, Fns Cisl, Uilpa PP Uil, Sinappe e Uspp annunciano una protesta ed una mobilitazione contro il provveditore umbro-toscano, che “non si interessa delle questioni dell’Umbria”. In una nota indirizzata al provveditore ed al direttore del Dap Massimo Parisi, i sindacati scrivono che non parteciperanno alla convocazione per la nuova ripartizione.
“Ribadiamo con fermezza che tale distribuzione, chiaramente in contrasto con le conclusioni raggiunte dal gruppo di lavoro istituito dal Capo del Dap nel 2019, rischia di mettere a repentaglio l’integrità del sistema penitenziario umbro. Ciò avrà conseguenze estremamente gravi sulla sicurezza sia interna che esterna delle strutture penitenziarie coinvolte, le cui condizioni erano già fortemente compromesse negli anni passati. È altrettanto preoccupante l’indifferenza dimostrata dal Suo ufficio dinanzi a questa situazione di precarietà lavorativa e alle continue violazioni dei diritti dei dipendenti, tra cui la sicurezza personale, l’assegnazione dei giorni di riposo settimanali, dei permessi ordinari e la mancata o parziale remunerazione delle ore di straordinario, spesso richieste anche oltre i limiti consentiti.
Non possiamo permettere che queste differenze di trattamento così evidenti persistano tra le diverse strutture del medesimo distretto”.