“Nessuno si aspettava che al tavolo del 30 dicembre venisse firmato l’accordo di programma, ma sicuramente ci aspettavamo la presentazione di quella proposta per riolsvere la questione energetica che Ast aveva detto di avere pronta. Invece niente di tutto questo: siamo fortemente preoccupati”. A parlare, nel corso di una conferenza stampa indetta per fare il punto dopo il tavolo al Mimit andato a vuoto, è Alessandro Rampiconi, segretario generale della Fiom Cgil. Con lui l’omologo dell’intero sindacato su Terni, Claudio Cipolla e Massimilianio Catini, delle Rsu Ast Cgil.
Un quadro a tinte fosche, tendenti al nero, quello che il sindacato dipinge: “A Cremona ci era stata prospettata una soluzione “su basi giuririche solide” per il risparmio energetico, ma dov’è? Noi siamo qui che aspettiamo, anche perchè di una soluzione per l’energia il ministro Urso parlava già il 26 Maggio 2023, tre giorni prima del ballottaggio e allora non erano ancora alleati con Bandecchi. Ora viene fuori che il sindaco è indisponibile ad una soluzione solo per Ast”.
La Fiom conferma che il rischio è di una forte contrazione dei progetti dell’azienda su Terni se non si dovesse trovare una soluzione e che comunque Arvedi è indisponibile a firmare qualunque accordo che non preveda soluzioni per l’abbassamento dei costi dell’energia: “Intanto prendiamo atto che il tanto sbandierato ritorno del magnetico è congelato- dice Rampiconi – questo è emerso dal tavolo cui ha preso parte anche il ministero dell’ambiente, deputato ai fondi, che ha annunciato la rimodulazione degli stessi. Gli investimenti scendono quindi da 900 a 600 milioni, dei quali 200 dello Stato per Hard to abate e gli altri praticamente già stanziati visto che riguardano la riattivazione del forno in Bahrein e altri investimenti già fatti”.
E aggiunge: “Il Governo propone di destinare Galleto solo ad Ast, ma questo non è possibile e comunque non sufficiente per la fabbrica come è ora. Ed in ogni caso, non si parla di soluzioni ponte prima del 2027. Fino ad allora che succede? Ast già adesso importa il 10 percento delle bramme semilavorate dall’Indonesia, ma ha già detto che è pronta ad aumentare le quote se non si sblocca la situazione. Finora si è evitata la Cassa Integrazione perchè Arvedi continua a pagare lavoratori a casa, ma per quanto? Temiamo un ridimensionamento forte della laminazione a caldo nel sito di Terni”.
Secondo la Cgil quindi, gli scenari che si delineeranno dopo il 20 gennaio, deadline fissata dal ministro Urso sono due: una soluzione e quindi la firma dell’accordo oppure la fine definitiva dello stesso: “Questo secondo scenario- dice Rampiconi – può portare o allo stop agli investimenti, soluzione che ci è stata paventata o ad una conferma senz aperò nè tempi nè vincoli, quindi senza alcuna garanzia per il sito e i lavoratori”.
Claudio Cipolla rilancia. “Dall’accordo di programma passa il futuro dello sviluppo economico di Terni, è la cartina di tornasole del futuro: per questo siamo vicini ai lavoratori e sosteniamo la loro protesta e la vertenza unitaria che continuerà ad oltranza”. Gli fa eco Catini: “Dentro lo stabilimento, il clima di incertezza è palpabile”.
Infine la stoccata al sindaco: “Noi non difendiamo in alcun modo la Regione, solo abbiamo detto che è stato un passo avanti esserci incontrati a Terni e non a Perugia. Le sue dichiarazioni sono scorrette istituzionalmente, inopportune e inappropriate. Pensi al fatto che attualmente Governa la città con appena 4000 voti”.