Crollano i prestiti bancari alle imprese in Umbria: nel ternano quasi il 40 percento in meno

In Umbria i prestiti alle imprese calano del 36,6% tra il 2011 e il 2024. Aumentano i depositi, ma le microimprese rischiano difficoltà finanziarie.

Negli ultimi tredici anni, le imprese umbre hanno ridotto il ricorso al credito bancario, mentre i depositi sono cresciuti significativamente. Un’analisi della CGIA di Mestre, basata su dati di Banca d’Italia, evidenzia una contrazione del 36,6% nei prestiti alle aziende, scesi da 14,2 miliardi di euro nel 2011 a 9 miliardi nel 2024. Contestualmente, i depositi aziendali sono aumentati del 167,5%, passando da 2,3 a 6,1 miliardi di euro.

Il fenomeno si inserisce in una tendenza nazionale che vede le imprese italiane affidarsi sempre meno ai finanziamenti bancari e sempre più all’autofinanziamento. Rispetto alla media nazionale (-34,9%), l’Umbria ha registrato un calo dei prestiti leggermente più marcato, pur rimanendo sotto i livelli di regioni come Marche (-48,9%), Liguria (-46,7%) e Lazio (-44,3%). Anche sul fronte dei depositi, l’Umbria si colloca sopra la media italiana (+160%), sebbene al di sotto di regioni come Trentino-Alto Adige (+266,5%) e Basilicata (+231%).

Analizzando il dato a livello provinciale, Perugia ha visto una riduzione del credito del 36%, con i prestiti passati da 11,4 miliardi di euro nel 2011 a 7,3 miliardi nel 2024. In parallelo, i depositi delle imprese sono aumentati del 169,4%, raggiungendo i 5 miliardi di euro. Terni ha registrato una contrazione dei prestiti ancora più accentuata (-39,2%), con un passaggio da 2,8 miliardi a 1,7 miliardi di euro, mentre i depositi sono cresciuti del 159%, arrivando a 1,1 miliardi di euro.

Secondo la CGIA, molte imprese hanno scelto di finanziare le proprie attività con capitali propri, coinvolgendo soci e investitori o accedendo al mercato dei capitali. Tuttavia, per molte microimprese il calo dei prestiti non è stato compensato dall’autofinanziamento, portando a un peggioramento della loro situazione economico-finanziaria. Questo ha esposto alcune aziende al rischio di insolvenza o all’accesso a forme di credito non regolari, con il pericolo di rivolgersi a circuiti illegali.

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