Orvieto, morte di Massimo Burla: la procura apre un’indagine sui soccorsi tardivi

Nel mirino l’assenza di defibrillatori e il coordinamento dell’emergenza in centro nella città della Rupe.

È stata aperta un’indagine dalla procura di Terni per far luce sulla morte improvvisa di Massimo Burla, commerciante 66enne di Orvieto, stroncato da un infarto il 9 maggio scorso mentre si trovava nel suo negozio in corso Cavour. I familiari dell’uomo, assistiti dall’avvocato Marco Gabriele, hanno sporto denuncia contro ignoti, ipotizzando i reati di omicidio colposo e omissione di soccorso, puntando l’attenzione sui presunti ritardi nei soccorsi e sull’assenza di un defibrillatore nei pressi del luogo dell’accaduto. Ne dà notizia Il Messaggero.

Secondo quanto ricostruito, Burla ha ricevuto massaggio cardiaco per oltre 45 minuti, ma l’intervento si è rivelato inutile a causa della mancanza di un defibrillatore, sia nella zona sia sull’ambulanza giunta sul posto circa 25 minuti dopo la chiamata d’emergenza. Nonostante il codice rosso assegnato, il mezzo sanitario era privo di personale medico e del dispositivo salvavita, operando solo con un’infermiera e un autista. L’elisoccorso è arrivato troppo tardi, quando ormai il cuore del commerciante aveva cessato di battere.

A prestare i primi soccorsi è stata una dottoressa dell’ospedale ‘Santa Maria della Stella’, libera dal servizio e di passaggio in zona. Tuttavia, la mancanza di un defibrillatore ha limitato pesantemente l’efficacia dell’intervento. La figlia di Burla, Rebecca, ha affermato che un DAE avrebbe potuto salvargli la vita, sottolineando come la città di Orvieto fosse ufficialmente dichiarata “cardioprotetta”, con ben 14 defibrillatori segnalati su mappe turistiche ancora in distribuzione alla data della tragedia.

Una di queste postazioni era indicata presso il teatro Mancinelli, a breve distanza dal negozio. Tuttavia, le dotazioni sembrano non essere state più attive, e il progetto “Città cardioprotetta” risulta interrotto da tempo, come confermato dalla sindaca di Orvieto, Roberta Tardani, durante un servizio del programma televisivo “Fuori dal coro”. La prima cittadina ha spiegato che il progetto si era concluso con la cessazione dell’attività dell’associazione che curava l’installazione e la manutenzione dei dispositivi. Nonostante ciò, le mappe turistiche continuavano a riportare la presenza dei defibrillatori, con il relativo logo del progetto ancora visibile fino al 27 maggio.

Solo dopo la morte di Burla le cartine sono state ritirate e ristampate senza i simboli “salvavita”, fatto che ora è al centro delle indagini della procura ternana, coordinate dal procuratore Andrea Claudiani. Le autorità stanno verificando la presenza effettiva dei DAE promessi, la tempestività e la qualità dell’intervento sanitario, nonché la gestione della comunicazione pubblica in merito alla fine del progetto di cardioprotezione.

I familiari del commerciante chiedono chiarezza e giustizia, convinti che l’uomo avrebbe potuto sopravvivere con un soccorso più efficiente e dotato delle attrezzature previste dalla normativa vigente. L’inchiesta mira ora ad accertare se vi siano state responsabilità penali legate a omissioni, negligenze o informazioni fuorvianti che hanno potuto influire sull’esito tragico dell’interven

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