Tira aria pesantissima sul fronte dei treni. La riunione pubblica di ieri pomeriggio ad Orvieto, presente la Regione è servita a fare fronte comune “mettendo da parte le differenze politiche”, come aveva sottolineato l’assessore regionale De Rebotti parlando dell’argomento nell’ambito dell’evento al PalaSì Terni Universitaria.
Il Movimento 5 Stelle Terni riaccende però la polemica attaccando la Provincia. Oggetto del contendere le recenti affermazioni di Bandecchi, nella sua veste di presidente dell’Ente e del suo vice Ferranti relativamente all’utilizzo dei maggiori introiti delle tasse regionali per “pagare” Trenitalia e convincerla a recedere dallo spostamento annunciato dei treni regionali veloci sulla linea lenta a partire da Dicembre.
Secondo quanto denunciato dal Movimento 5 Stelle, le affermazioni dei due rappresentanti istituzionali sono “propagandistiche e prive di fondamento”, prive di proposte concrete per evitare il trasferimento dei treni regionali dalla linea Direttissima alla linea lenta. “Non basta ‘convincere Trenitalia’ usando l’aumento delle tasse regionali”, afferma la nota pentastellata, perché i servizi ferroviari regionali sono regolati da contratti pluriennali, soggetti a norme europee e non da semplici negoziazioni economiche.
Al centro dello scontro, la delibera ART 178/2024, che prevede la riorganizzazione della rete ferroviaria e penalizza fortemente l’Umbria del sud, già colpita dalla marginalizzazione infrastrutturale. Il Movimento denuncia l’assenza del Governo e del Ministero delle Infrastrutture, chiedendo dove fossero “il ministro Salvini e Ferranti, esponente della maggioranza, mentre l’Umbria veniva tagliata fuori”.
Gli effetti sul territorio sarebbero pesanti: con l’attuazione del piano RFI, il costo del viaggio da Perugia a Roma passerebbe da 11,90€ a 26,80€, penalizzando fortemente pendolari, studenti e lavoratori a basso reddito. L’eliminazione degli Intercity e la necessità di utilizzare treni AV senza agevolazioni renderebbero insostenibile il pendolarismo quotidiano. Il M5S definisce questa situazione come una vera e propria “deportazione ferroviaria”.
A peggiorare il quadro, secondo i pentastellati, la mancata partecipazione del Comune e della Provincia di Terni al convegno sul trasporto ferroviario organizzato a Foligno dall’onorevole Emma Pavanelli. Presenti invece la Regione Umbria, la Provincia di Perugia e numerosi comuni. Durante l’incontro sono stati affrontati temi come l’acquisto di nuovi treni da 200 km/h, i ritardi infrastrutturali legati al PNRR e la necessità di aprire un tavolo con il MIT per difendere il diritto alla mobilità.
Il Movimento propone una roadmap chiara: posticipare l’attuazione della delibera ART, attivare un confronto con il Ministero e Trenitalia, investire sulle linee esistenti e potenziare i servizi Intercity. “Difendere il principio del servizio pubblico universale”, afferma il comunicato, significa contrastare la logica della “ferrovia a due velocità” che avvantaggia le metropoli e penalizza le aree interne.
Ferranti, da parte sua, respinge le accuse e rilancia. “Più Terni è collegata con la Capitale, più ci sono opportunità di crescita economica e demografica”, dichiara, accusando il M5S di “complicità con una manovra fiscale regionale che penalizza il ceto medio”, ovvero la fascia maggiormente colpita dal caro trasporti. Inoltre, Ferranti sottolinea che “i pendolari umbri lavorano a Roma ma pagano le tasse in Umbria”, e che è “etico difenderli con ogni mezzo, anche trattando con Trenitalia”.
Il vicepresidente provinciale accusa infine i Cinquestelle di “peruginocentrismo”, ricordando come la Regione – sotto governo PD-M5S – abbia finanziato lo stop del Frecciarossa a Perugia, mentre Terni restava isolata. “Mi aspetterei dai Cinquestelle sostegno alla Provincia nel tutelare il territorio”, aggiunge, collegando il tema trasporti a quello ambientale, “bisogna puntare sul turismo per crescere dall’avanzamento dei biodigestori e degli impianti di essiccamento fanghi, che non devono stare in un territorio come il ternano dove da 150 anni impattano industrie siderurgiche e chimiche”, conclude Ferranti