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Riflessioni sulla catastrofe di Chernobyl: impatto a lungo termine e solidarietà internazionale

Analisi dell'impatto duraturo del disastro nucleare e dell'impegno continuo per l'assistenza alle vittime

Il ministro della Sanità ucraino, in consultazione con specialisti del settore, ha rivelato che nel 1993 e nel 1994, rispettivamente il 60% e il 74% dei lavoratori impiegati nella messa in sicurezza della centrale nucleare di Chernobyl sono deceduti a causa delle radiazioni rilasciate dall’incidente del 26 aprile 1986. Si stima che altri 10.000 di questi lavoratori, comunemente noti come “liquidatori”, perderanno la vita a breve, mentre circa 400.000 hanno già subito gravi malattie.

Nel 1986, il primo segnale dell’arrivo della nube radioattiva in Italia fu rilevato la mattina del 30 aprile dal Centro Comunitario di Ricerca di Ispra, a Varese. L’analisi evidenziò un incremento della radioattività nell’aria e nel suolo dalle ore 6:00, segnando l’inizio di un’allarmante diffusione di particelle radioattive che hanno contaminato l’intera Europa, inclusa la Svizzera. Questo evento ha portato ad un aumento significativo di patologie quali tumori alla tiroide, leucemie, leucemie linfatiche croniche, linfoma di Hodgkin e mieloma multiplo.

Questi dati emergono dalla ricerca pubblicata nel libro “Chernobyl dal dramma all’accoglienza” scritto dal fisico nucleare Mirco Elena dell’Università di Trento insieme ad altri accademici e a Fabrizio Pacifici, presidente della Fondazione Aiutiamoli a Vivere ONG di Terni. L’opera narra la nascita e lo sviluppo di un notevole movimento di solidarietà, grazie al quale oltre 600.000 bambini bielorussi e ucraini, colpiti dalle conseguenze del disastro, sono stati accolti e trattati in Italia.

In Italia, la Fondazione Aiutiamoli a Vivere continua a sollecitare l’impegno dei comitati locali per ottenere dal proprio Comune l’intitolazione di spazi pubblici ai liquidatori di Chernobyl, come già avvenuto a Tassullo, Caravaggio e Ranica. Questi luoghi di memoria sono dedicati agli eroi che, consapevoli del rischio mortale, non esitarono a combattere l’incendio che minacciava di contaminare il pianeta.

Il presidente Pacifici sottolinea che il disastro continua a causare malformazioni genetiche e gravi malattie nei bambini nati da genitori esposti, che vivono ancora in aree non decontaminate. Nonostante le sfide poste dall’embargo e dal conflitto in corso in Ucraina, la Fondazione e i comitati italiani persistono nel loro impegno di accoglienza e cura dei bambini affetti da fibrosi cistica e altre gravi condizioni, dimostrando che la solidarietà può trionfare anche nelle circostanze più avverse.

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