Terni e l’affanno dell’industria: “Attrarre nuove iniziative o si perderanno fondi comunitari”

L'analisi della Cgil ternana: "Valorizzare i settori tradizionali e mirare ai nuovi processi di innovazione entro il 2030-2050. Manca una visione credibile per il futuro"

L’industria nella provincia di Terni rimane in stallo, una condizione che rischia di diventare letale. La Cgil di Terni ha aggiornato la sua analisi sul sistema manifatturiero provinciale, a quattro mesi dal precedente focus realizzato dal dipartimento industria della Camera del Lavoro. Purtroppo, il sindacato rileva un ulteriore peggioramento delle attività produttive in diversi settori, lasciando migliaia di lavoratori nell’incertezza e senza prospettive future.

L’analisi della Cgil parte dal settore siderurgico, che da tempo attende un accordo di programma indispensabile per la sussistenza del più grande polo produttivo della regione. Inoltre, sono cruciali i temi legati all’energia e alle aziende che la producono, trasformano e distribuiscono. La mancanza di questo accordo rappresenta una minaccia significativa per la sopravvivenza della siderurgia regionale.

Nel settore chimico e manifatturiero, la Cgil sottolinea le difficoltà delle multinazionali nel proporre nuovi modelli di produzione, a causa dell’incertezza dei mercati, come quello dell’automotive, e della crisi strutturale che affligge la crescita regionale. “Le difficoltà nel settore chimico e manifatturiero sono evidenti”, afferma il sindacato, “e richiedono interventi specifici”. Ogni settore, dalle costruzioni all’agroalimentare, necessita di attenzione particolare. La ricostruzione post-sisma e l’adeguamento delle infrastrutture, così come le concessioni per l’emungimento delle acque minerali, sono temi urgenti che richiedono soluzioni.

“Sarebbe opportuno mettere a fattore comune le necessità delle imprese con gli strumenti di sostegno comunitari”, suggerisce la Cgil, “per favorire nuovi investimenti e attrarre nuove iniziative imprenditoriali.” Tuttavia, il sindacato evidenzia che molte aziende sono interessate ai cambiamenti delle politiche europee per il 2030-2050, ma poche hanno una prospettiva di investimento e sviluppo nella regione. La mancanza di una visione di politica industriale che offra proposte credibili per la transizione energetica ed ecologica è un problema cruciale. “Manca una visione di politica industriale che dia proposte credibili”, continua la Cgil, “e che guardi alla sostenibilità sociale ed economica.”

La Cgil ha proposto un’idea di sviluppo per il territorio, valorizzando i settori tradizionali e mirando ai nuovi processi di innovazione entro il 2030-2050. “Invitiamo istituzioni, associazioni ed imprese ad avere un protagonismo diverso, con progetti concreti”, dichiara il sindacato. La Cgil conclude dicendo che è pronta a mobilitarsi, se necessario, per produrre un cambiamento indispensabile alla rinascita dell’industria nel territorio. “Faremo tutto ciò che è necessario per il bene dei lavoratori e della comunità”, promette la Cgil, “ripartendo dal lavoro, quantità e qualità, sicurezza e valorizzazione delle competenze.”

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