Le esportazioni umbre rischiano una forte frenata nel 2025 a causa dei dazi del 25% imposti dagli Stati Uniti su acciaio, alluminio e relativi derivati, introdotti inizialmente dall’amministrazione Trump e ancora in vigore. Un colpo duro per l’economia della regione, che nel 2024 ha visto la siderurgia contribuire con oltre 776 milioni di euro a un export totale di 5,9 miliardi, rappresentando più del 10% del valore complessivo delle vendite internazionali.
L’acciaio e l’alluminio si confermano settori trainanti per l’Umbria, ma proprio per questo risultano anche i più esposti alle conseguenze di politiche protezionistiche. Le tensioni commerciali, che potrebbero estendersi ad altri comparti in caso di ritorsioni da parte di altri Paesi, alimentano i timori di una frenata significativa nel 2025, soprattutto in un momento in cui il comparto siderurgico è già sotto pressione per i costi elevati dell’energia. La testa va ovviamente alla situazione di Arvedi Ast, già alle prese con la questione energetica che rischia di far saltare l’accordo di programma: i dazi sull’export rischiano di peggiorare ulteriormente una situazione già molto complicata.
La provincia di Terni, in particolare, si trova al 71. posto in Italia per volumi di export: il business vale 1,6 miliardi di euro, con una crescita superiore a 66 miliardi (+4,3 per cento) nel raffronto tra 2023 e 2024. Ma adesso il futuro è incertissimo.
Tuttavia, l’Umbria gode di una struttura di export diversificata, che rappresenta un’ancora di salvezza rispetto ad altre realtà regionali. Secondo i dati dell’ufficio studi della Cgia di Mestre, il “cuore verde d’Italia” si colloca all’ottavo posto nazionale per indice di diversificazione delle esportazioni: i primi dieci gruppi merceologici rappresentano solo il 61,9% del totale su un paniere complessivo di 200 categorie, indicando una buona distribuzione del rischio commerciale.
Questa diversificazione protegge in parte l’economia regionale da oscillazioni improvvise nei mercati internazionali, garantendo una maggiore resilienza. Oltre a prodotti siderurgici, infatti, il paniere delle esportazioni umbre comprende anche abbigliamento, macchinari, oli e prodotti agricoli, comparti che finora non sono stati direttamente colpiti dalle misure restrittive.
Nel 2024, l’export umbro ha registrato una crescita del 5,3% rispetto all’anno precedente, segno di una dinamica positiva e di una buona tenuta sui mercati esteri. Ma le prospettive per l’anno in corso sono incerte. L’eventuale estensione dei dazi o l’adozione di contromisure da parte di altri partner commerciali internazionali potrebbero compromettere questi risultati, con ricadute potenzialmente pesanti per l’occupazione e per la bilancia commerciale regionale.
Se il comparto siderurgico rappresenta oggi una vulnerabilità, la capacità dell’Umbria di puntare su altri settori può diventare un vantaggio competitivo, soprattutto in un contesto economico segnato da forti instabilità geopolitiche e commerciali. La sfida per le imprese umbre sarà quindi quella di rafforzare ulteriormente la propria presenza in mercati alternativi, diversificare l’offerta e investire in innovazione per contenere gli effetti delle barriere tariffarie.