“Contrattare per fermare il declino industriale” è il tema dell’evento andato in scena al Teatro Secci nel pomeriggio del 4 dicembre a cura di Cgil e Fiom per ricordare i 10 anni dall’ultima battaglia sindacale, quello che portò alla firma di un nuovo accordo che di fatto salvò il sito dopo le battaglie dell’era Morselli e dopo la cessione -poi annullata dall’Antitrust – ai finladesi di Outokumpu.
Ad anticipare il dibattito, moderato da Sara Menafra, vicedirettrice di Open, un video che ha ripercorso le tappe dei 45 giorni di lotte e battaglie, nei quali non mancarono episodi violenti, come quelli contro l’allora sindaco Di Girolamo e contro alcuni esponenti sindacali: “Ast è stata salvata da una lotta durata mesi, che ha visto occupazioni e blocchi stradali – hanno ricordato sul palco gli intervenuti. Se passa il decreto sicurezza che il Governo sta facendo l’acciaieria non ci sarebbe più e quei lavoratori sarebbero stati tutti arrestati”.
Ad aprire i lavori i saluti del segretario dei metalmeccanici Cgil di Terni Alessandro Rampiconi che ha ripercorso i 20 anni di battaglie sul fronte dell’Ast, quindi sono intervenuti la segretaria regionale della Cgil, Maria Rita Paggio, Claudio Cipolla, segretario generale ternano della Cgil e Rosario Rappa, già segretario della Fiom Cgil nazionale ai tempi dell’accordo del 2014
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Quindi Michele De Palma, segretario dei metalmeccanici e Maurizio Landini, leader della Cgil. Se il segretario dei metalmeccanici ha ricordato la necessità di riaprire un tavolo per Ast e rilanciato sul fatto che la Regione, specificatamente la Giunta Tesei, ha visto l’accordo bloccarsi ad un passo senza fornire spiegazioni, Landini si è soffermato anche sulle questioni più nazionali come ad esempio l’elettrico: “Serve un fondo per governare la transizione senza che ci sia una perdita di lavoro – ha spiegato – perchè ormai anche la mobilità è sostenibile e chi dice che i ritardi sull’elettrico in Italia siano motivati dalle politiche green europee dice una fesseria. La questione è piuttosto di infrastrutture. Mentre l’Europa e il resto del Mondo, Cina in testa, andavano avanti ad investire su questo comparto, noi abbiamo ignorato la situazione dicendo che l’auto elettrica era una follia, preferendo concentrarci sul lusso. Ora scontiamo i ritardi nel non aver fatto nulla, nemmeno sul fronte infrastrutturale.
In alto l’intervista a Landini