È una vertenza ormai indifferibile quella in corso all’Ast di Terni, dove da mercoledì sera i lavoratori addetti alla movimentazione delle scorie hanno deciso di fermarsi. La protesta è scattata dopo il grave incidente in cui è rimasto ferito un operaio ventiseienne della Tapojarvi, azienda finlandese che si occupa della gestione delle scorie nello stabilimento di viale Brin.
Le organizzazioni sindacali da mesi segnalano criticità lungo la “rampa scorie”, il percorso che collega i forni all’area di trattamento. “Le condizioni della viabilità sono pessime”, affermano i lavoratori, evidenziando buche, avvallamenti e problemi di illuminazione. Il sospetto è che il rogo di lunedì sia stato causato proprio dallo stato del manto stradale, che avrebbe favorito la fuoriuscita di metallo fuso.
Gli operai incaricati di guidare i mezzi per il trasporto delle pajole hanno quindi deciso di fermarsi. “Non ripartiremo senza garanzie concrete”, spiegano, rivolgendosi sia alla Tapojarvi che alla direzione dell’Ast, controllata dal gruppo Arvedi. Cinque i mezzi utilizzati, tra cui il kress distrutto dalle fiamme nell’incidente, appartenenti a due diversi produttori e non sempre compatibili tra loro.
Nonostante il provvedimento di dissequestro dell’area a caldo, disposto dal sostituto procuratore di Terni Marco Stramaglia, titolare dell’indagine aperta con l’ipotesi di lesioni colpose aggravate dalla violazione delle norme sulla sicurezza, la produzione non ripartirà finché non saranno adottati interventi adeguati.
Nel frattempo, mentre il giovane operaio versa ancora in condizioni critiche all’ospedale Sant’Eugenio di Roma, la direzione aziendale ha avviato alcuni lavori per migliorare la viabilità tra i forni e il parco scorie, cercando di tappare buche e ridurre gli avvallamenti. Tuttavia, secondo i lavoratori, queste misure non bastano a garantire condizioni di sicurezza accettabili.
La situazione resta dunque in stallo, con un duro braccio di ferro tra azienda e operai. “Aspettiamo risposte concrete, la sicurezza non può essere messa in secondo piano”, ribadiscono i sindacati.